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giovedì 16 febbraio 2012

Luca Cefisi - Un socialismo aperto sì, un socialismo ambiguo no

Mauro Del Bue  www.locchiodelbue.it/
La differenza posta da Mauro Del Bue tra "socialismo tout court" e "liberalsocialismo" (vedi: Socialismo e liberalsocialismomi pare del tutto impropria: il "liberalsocialismo" storicamente è quello di Guido Calogero e altri liberali (Bobbio! Capitini!) che rifiutavano un “socialismo” dogmatico, quello dell'Urss, mentre approdavano al socialismo italiano.
Erano gli anni 40 del secolo scorso. Oggi siamo tutti socialisti nel senso di Calogero. Quello che Mauro chiama "socialism tout court” a me pare la secolare visione "socialdemocratica", aggiornata e rinvigorita, quello che lui chiama "liberalsocialismo" è piuttosto una "terza via" o un "nuovo centro".
Posta così, la differenza c’è: c'è Miliband (Ed) e Miliband (David); c'è la Aubry e la Royale. Si può discutere all’infinito sul lascito del PSI degli anni 80, ma i tempi cambiano e gli anni insegnano, e allora mi si lasci dichiarare sostenitore di una "socialdemocrazia rinnovata", perché l'eccessiva fiducia nel mercato, limitandosi a proporre accessi più o meno "equi", con un po’ di retorica del "merito", rinunciando a governare e umanizzare un sistema economico che per sua natura non promuove i meritevoli ma i forti, è stato l’errore dei Blair, degli Schroeder, e dei D’Alema e Veltroni, che non hanno certo peccato di veterocomunismo, ma al contrario, di superficiale neofitismo liberale. L'attuale crisi finanziaria mette in pericolo la democrazia, altroché: e anzi mette in luce, di nuovo, l'intimo dissidio tra capitalismo e democrazia, e questo ripropone la classica visione socialdemocratica. E’ la classe media a vedersi spinta verso l'impoverimento (come previsto da Marx? non lo so...): per prima la borghesia intellettuale, che viene precarizzata, cioè spogliata di prestigio e mezzi, e spinta assieme ai lavoratori manuali impoveriti. 
In Italia, come al solito, c’è più confusione che nel resto d’Europa: ma se una cosa ho imparato proprio nel PSI, è che il consociativismo non è riformismo, che ha bisogno di posizioni nette e chiaramente leggibili. 
Oggi era necessario sostenere il governo Monti, male minore, ma come può il compromesso PD-PDL, in nome dell’emergenza, costituire una salda base riformista? E perché mai dovremmo esserne le mosche cocchiere? Quanto all’aggregazione di figure di diversa provenienza attorno al PSI di oggi, ben vengano quei riformisti disponibili a riunirsi in un socialismo senz’altro laico e aperto. Se invece si pensa ad una terra di nessuno intermedia tra socialdemocrazia e liberalismo (forze antagoniste in Europa), e insomma tra destra e sinistra, si incrocerebbe contromano il percorso di Calogero e Bobbio, nella direzione di marcia opposta. In concreto: porre steccati pregiudiziali contro la … Cgil, che può avere torto sulla Fiat, ma completamente ragione quando propone un ammortizzatore universale per i lavoratori precari, non appare utile; peggio, se si pensa di attrarre i berlusconiani di (remota) origine socialista proponendo loro non una prospettiva di futuro, ma la vecchia roba dell’antagonismo con “comunisti” oramai immaginari. (fonte www.avantidelladomenica.it)


leggi anche Ancora sul liberalsocialismo - Mauro Del Bue, 14 FEBBRAIO 2012

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