Polemica sul pacifismo

Una polemica tra “Il Riformista” e “Il Giornale” ha sollevato la questione di un nuovo partito “pacifista”, che sarebbe proprio la Lega di Bossi.
Noi specifichiamo sempre di quale lega si tratti, perché dire “la Lega” e basta a noi fa ancora venire in mente più che altro le cooperative o i braccianti, ma questa è un’altra questione. Si diceva del pacifismo: quello è roba nostra, della sinistra umanitaria e libertaria, riformista e cristiana, che sceglie sempre il primato della vita umana, diffida delle divise e delle marce, e rifiuta la soluzione violenta in politica estera esattamente come ne rifugge in politica interna, proprio perchè pacifica e legalitaria. Un buon test può essere il giudizio sulla pena di morte: chi è contro la pena di morte è anche contro la guerra, pena di morte collettiva e sbrigativamente somministrata. Naturalmente un pacifista razionale non si priva del diritto naturale all’autodifesa (come nella Resistenza) né rinuncia all’esercizio della forza, limitata e indispensabile, contro i malfattori, quando può essere del tutto inevitabile, all’interno come all’esterno dei confini. Si tratterà, dunque, in tali casi estremi, di normare l’uso della forza con le adeguate garanzie e controlli e la necessaria trasparenza. Per questo, ad esempio, non ci piacque la guerra contro Saddam Hussein del 2003, priva di un mandato dell’Onu, foriera di morti evitabili, e raccontata soltanto dai poco credibili cronisti embedded (cioè autorizzati dagli alti comandi).
Noi specifichiamo sempre di quale lega si tratti, perché dire “la Lega” e basta a noi fa ancora venire in mente più che altro le cooperative o i braccianti, ma questa è un’altra questione. Si diceva del pacifismo: quello è roba nostra, della sinistra umanitaria e libertaria, riformista e cristiana, che sceglie sempre il primato della vita umana, diffida delle divise e delle marce, e rifiuta la soluzione violenta in politica estera esattamente come ne rifugge in politica interna, proprio perchè pacifica e legalitaria. Un buon test può essere il giudizio sulla pena di morte: chi è contro la pena di morte è anche contro la guerra, pena di morte collettiva e sbrigativamente somministrata. Naturalmente un pacifista razionale non si priva del diritto naturale all’autodifesa (come nella Resistenza) né rinuncia all’esercizio della forza, limitata e indispensabile, contro i malfattori, quando può essere del tutto inevitabile, all’interno come all’esterno dei confini. Si tratterà, dunque, in tali casi estremi, di normare l’uso della forza con le adeguate garanzie e controlli e la necessaria trasparenza. Per questo, ad esempio, non ci piacque la guerra contro Saddam Hussein del 2003, priva di un mandato dell’Onu, foriera di morti evitabili, e raccontata soltanto dai poco credibili cronisti embedded (cioè autorizzati dagli alti comandi).
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