
Dunque la Spagna va ad elezioni anticipate. E’ l’epilogo amaro della parabola di Zapatero: da speranza del socialismo europeo a dignitoso notaio di una sconfitta elettorale annunciata.
Eppure, Zapatero è stato per anni un esempio, e che esempio: aveva fatto vedere che si possono fare delle cose semplici, persino banali, semplicemente fregandosene del presunto dato identitario che renderebbe certe cose impossibili in un Paese mediterraneo.
Legalizzando le unioni tra persone dello stesso sesso, dimostrò che si può perfettamente governare anche facendo arrabbiare la Chiesa (basta che non si arrabbino gli elettori cattolici, che del resto non sono minimamente turbati dai gay, né a Madrid né altrove). Ritirandosi dall’Iraq e rimanendo in Afghanistan, dimostrò che si può anche dire di no agli Stati Uniti, e al tempo stesso avere una valida agenda politica internazionale costruita su ragioni proprie, e non altrui. E poi il governo “rosa”, con tante ministre, persone serie con una vera carriera politica, autorevoli e normali, niente autoreggenti da volgarona né carriere incomprensibili, alla Brambilla o alla Carfagna. Di una legge di Zapatero si è parlato pochissimo da noi: quella con cui sono state fatte rimuovere, in poche ore, le ultime vestigia del franchismo, le statue del Caudillo e roba simile; servirebbe anche qua, in un’Italia che sembra subire il ricatto di un revisionismo storico tanto sguaiato quanto arrogante, che mira a riportare la memoria fascista ad una specie di pari dignità con la migliore memoria patria.
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Le vicende di questi giorni e l’altalena delle borse mondiali ci dovrebbero indurre ad una riflessione più attenta della situazione economico – politica in cui ci troviamo.A grandi linee possiamo individuare il primo problema nel capovolgimento del ruolo tra il mercato e lo Stato.
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